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Disperazione sul luogo del delitto “Era buono, non doveva morire così”

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Era probabilmente Vincenzo Bontà la vittima predestinata dall’agguato scattato questa mattina a Falsomiele. Incensurato ma genero del boss Giovanni Bontate, fratello di Stefano, viaggiava su un’auto intestata alla moglie, Angela Daniela Bontate.

“Era un uomo buono, si portava come un peso questo cognome – dice un amico arrivato sul posto del delitto in lacrime – non doveva morire così”.

L’attenzione degli investigatori, però, si concentra proprio su di lui come vittima designata. Il giardiniere che si trovava in auto con lui, Giuseppe Vela, potrebbe soltanto essere stato nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Attimi di tensione quando l’amico della vittima ha chiesto alla polizia di potersi avvicinare al cadavere: “Voglio solo baciargli un piede, dargli l’ultimo saluto”.

Il cognome della vittima e quello del suocero riportano l’orologio dei ricordi indietro nel tempo al 28 settembre del 1988 quando Stefano Bontate, fratello di Giovanni il cui genero è stato assassinato oggi, boss perdente nella guerra di mafia con i Corleonesi, veniva ucciso in casa insieme alla moglie Francesca Citarda.

“Vincenzo era un uomo buono – dice ancora l’amico – era un amante degli animali. Aveva aperto un negozio di uccelli, poi lo aveva chiuso di nuovo ma non faceva male a nessuno. Non doveva morire così -continua a ripetere – non doveva morire così”.


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